Eclettica artista femminista napoletana, dedicò la sua vita all’ arte, da lei concepita come il principale strumento per la rivoluzione. Gli studi sul mito, l’invenzione della “psico-favola” e le poliedriche produzioni artistiche, sono testimonianze del suo singolare ed ininterrotto impegno per il riscatto dell’universo femminile e per l’affermazione dei diritti delle donne. Laureata in filosofia, ha percorso e nutrito il panorama culturale femminile, napoletano ed internazionale, nelle sue molteplici espressioni e sfaccettature:è stata,infatti, giornalista, scrittrice, musicista, sceneggiatrice, regista e pittrice.
Lina Mangiacapre
Biografia:
L’impegno attraverso l’arte
Proveniente da una famiglia della media-alta borghesia napoletana, Lina durante il ’68 visse con fermento le contestazioni dell’ambiente universitario.
All’inizio degli anni ’70 fondò il gruppo delle Nemesiache, il cui nome era un omaggio a Nemesi, la dea greca della “distribuzione della giustizia”. Proprio con il gruppo delle Nemesiache, di cui faceva parte anche la sorella Teresa, Lina iniziò a tessere, con grande energia e carisma, i fili della sua originale attività artistica, filosofica e politica.
Tutte le componenti del gruppo si diedero degli pseudonimi tratti dalla mitologia greca (Niobe, Dafne, Nausica) per rinnovare l’idea di un mito “al femminile” e diffondere la memoria di un ordinamento cosmico precedente al patriarcato. Il mito è stato per Lina il fondamento della ricerca intellettuale ed artistica e la sua produzione culturale si dispiegherà nel tentativo continuo di evocarlo attraverso varie forme d’arte: il teatro, la pittura, la recitazione, la musica.
Nel 1972 compose la prima opera femminista con il metodo della psico-favola: “Cenerella”, trascritta poi per il cinema con l’omonimo titolo. Nel 1976 realizzò la prima Rassegna di Cinema delle Donne d’Europa, in concomitanza con gli Incontri Internazionali del Cinema di Sorrento, dal titolo “L’altro sguardo”.
Nel 1977 fondò la cooperativa culturale “Le tre Ghinee” il cui scopo era quello di affermare la creazione artistica femminile, mostrandone le molteplici potenzialità e le infinite possibilità di rappresentazione del reale. Da allora in avanti, l’attività prevalente di Lina divenne quella cinematografica: il cinema rappresentò per lei la sintesi di tutte le arti. Tuttavia, la ricerca filmica si è sempre intrecciata con quella musicale e con il continuo approfondimento storico, mitico e filosofico.
Nel 1987, fondò il premio cinematografico “Elvira Notari” alla Mostra di Venezia assegnato, da una giuria da lei presieduta, al film della rassegna maggiormente capace di mettere in rilievo l’immagine della donna in una diversa chiave interpretativa: protagonista e non vittima della storia. Nello stesso anno fondò il periodico Manifesta, rivista di cinema, cultura e spettacolo.
Tra i principali film di Lina Mangiacapre si ricordano “Follia come poesia” (1979) girato insieme alle donne psichiatrizzate dell’ospedale “Frullone” di Napoli; “Ricciocaproccio” (1981) e “Didone non è morta”. Uno dei suoi ultimi lavori è stato lo spot “Da elettrici a elette” realizzato per la Presidenza del Consiglio in occasione del cinquantennale del voto alle donne
Come ricordiamo Lina Mangiacapre:
Le è stata dedicata una sezione al National Museam of Women in the Arts di Washington.
Il premio cinematografico “Elvira Notari” attribuito durante Mostra la internazionale del cinema di Venezia, fu sospeso nel 2002, anno della morte di Lina, per essere poi ripreso, nel 2003, con il suo nome. Il “Premio Lina Mangiacapre” è oggi alla sua X edizione.
Ha detto:
Il cinema è soprattutto memoria. Memoria anche di realtà soppresse e volutamente cancellate. Un ritorno del valore della storia, uno sguardo sprofondato in modo profano e blasfemo oltre le soglie della morte. Orfeo con la musica del cinema valica le sponde dell’Averno (tempo) e porta alla luce.
Bisogna riprendere l’arte dell’amore come pratica di rivoluzione.
Intervista di Nadia Nappo, 1998
Si bruciavano i libri e a me è scoppiata la passione filosofica. C’era una grande rivoluzione culturale in cui i contenuti del passato, dei baroni, delle tradizioni e il provincialismo di una cultura chiusa agli anni ’50, venivano messi in discussione quasi in una grande risata; in questo senso il ’68 appare come un momento romantico
Intervista di Nadia Nappo, 1998
Hanno detto di Lina Mangiacapre:
Una vita a servizio dell’arte e della bellezza, come quella di Lina, non ha mai smesso, in realtà, di essere una vita a servizio della città, delle donne.
Adele Cambria
Il fatto è che la banalità fa parte dell’umano, ma Lina, per miracolo o tragedia, non poteva, non sapeva essere banale. Le mancava il gene della banalità.
Adele Cambria
Era una personalità ribelle e piena di fantasia, non si amava definire donna o uomo, non amava le etichette e amava essere libera, lottando contro ogni ruolo.
Teresa Mangiacapra
Curiosità:
In una commemorazione di Lina, fatta al Castel dell’Ovo di Napoli nel 2002 qualche mese dopo la sua morte, c’era anche un vecchio striscione dietro il quale le femministe napoletane avevano marciato dopo il terremoto del 1980.
Riferimenti e approfondimenti
- Intervista a Lina Mangiacapre di Nadia Nappo, Manifesta N.1, luglio 1998
-
L. Mangiacapre Le Nemesiache tra nomadico e stanzialità in Lucia Mastrodomenica “Gli anni ’70 e Napoli”; Magistra Edizione 1993
- Una vita a servizio dell’arte e della bellezza
- Le mancava il gene della banalità
- Non amava le etichette e amava essere libera, lottando contro ogni ruolo