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Antonietta De Pace

Antonietta De Pace

Antonietta De Pace fu una delle protagoniste del Risorgimento ed eroina del patriottismo repubblicano.  Per tutta la vita inseguì  il sogno romantico di un’Italia Unita, animata dai suoi ideali di libertà e giustizia. Diede prova di instancabile impegno politico e affrontò dignitosamente estenuanti processi e l’esperienza del carcere.

Mal tollerò le iniquità sociali e si batté per il diritto all’istruzione per tutti, soprattutto per le donne, che come lei non avevano avuto la fortuna di studiare.

Biografia:

Nacque a Gallipoli nel 1818 in una famiglia dagli ideali repubblicani. Il padre Gregorio, banchiere napoletano, l’avviò giovanissima agli studi economici, poiché desiderava che un giorno portasse avanti le imprese di famiglia. Uomo di ampie vedute e privo dei pregiudizi della società in cui viveva secondo cui le donne dovevano essere dedite solo alla cura dei figli. All’età di otto anni fu, però, colpita dalla perdita del padre, che morì in circostanze misteriose e, deprivata dell’eredità, fu collocata nel monastero delle clarisse di Gallipoli insieme alle sorelle Chiara, Carlotta e Rosa.

Antonietta andò, poco dopo, a vivere con la sorella Rosa, il cui marito Epaminonda Valentino, repubblicano convinto, la orientò verso la lotta risorgimentale e la introdusse nelle attività della mazziniana “Giovine Italia”.

A gennaio del 1848, quando Ferdinando II di Borbone concesse la Costituzione, molti credettero che il re si fosse convertito al costituzionalismo, ma Antonietta che aveva ben compreso i meccanismi della politica, non era dello stesso avviso e le sue previsioni non furono disattese quando Ferdinando II diede avvio ad una feroce repressione: la Guardia Nazionale fu sciolta, venne imposta la legge marziale e molti deputati fuggirono. Valentino, leader della sommossa salentina, giudicato cospiratore, fu arrestato e sottoposto a condizioni severissime che lo condussero alla morte all’età di 38 anni.

Antonietta si trasferì con la sorella ed i nipoti a Napoli, dove divenne amica di molte donne che,  come i loro mariti o fratelli, aderivano agli ideali mazziniani. Divenne una sorta di coordinatrice tra i rivoluzionari che erano ancora in libertà, quelli che ancora giacevano nelle carceri e quelli che invece si trovavano in esilio. Fondò un circolo femminile, costituito da un élite di donne nobili e alto borghesi, in stretto collegamento con quello di Genova che divenne ben presto un punto di riferimento importante per la circolazione delle informazioni. Tra le donne, anime di quella resurrezione giacobina,  si annoverano donne patriote del calibro di Antonietta Poerio, l’irlandese Emily Higgins, Raffaella Faucitano, Aline Perret, Costanza Leipnecher, Nicoletta Leanza.

All’epoca Antonietta collaborò con associazioni patriottiche meridionali quali l’Unità di Italia, il comitato segreto napoletano e la Setta Carbonara partenopea, in particolare con l’avvocato tarantino Nicola Mignogna, che presiedeva il comitato napoletano della Setta.

Temendo l’incolumità della sorella, si trasferì presso il centro di accoglienza per donne della buona società napoletana, nella basilica di San Paolo, facendosi accogliere come corista.

Divenne amica di Luigi Sacco, cameriere in servizio sulle navi che percorrevano la tratta Marsiglia – Genova – Napoli, e per suo tramite faceva pervenire segrete informazioni a Giovanni Nicotera, che si trovava a Genova e da lì a Mazzini che si trovava a Londra.

Fu poi arrestata, il 26 agosto 1855, dalla polizia del Regno, accusata di cospirazione, ma nonostante le ripetute torture per ottenere informazioni, mantenne il silenzio. Trasferita nella prigione femminile di Santa Maria ad Agnone fu tenuta in isolamento in una cella singola, durante tutto il lunghissimo ed estenuante processo. Le quarantasei udienze del suo processo attirarono l’attenzione dei media, compresa la stampa straniera, tra cui il ««Times» e il «Débats» e se ne parlò per lungo tempo soprattutto perché faceva notizia il fatto che a subirlo fosse stata una donna, inoltre borghese.

Uscì dal carcere, con la condizionale. provata dall’esperienza del carcere. Molti suoi compagni di sventura furono mandati al confino perché giudicati colpevoli ed altri rinunciarono, mentre Antonietta continuò la battaglia. Riprese le attività del Circolo femminile, in collegamento con il comitato mazziniano di Genova e quello salernitano.

Il 7 settembre 1860 Garibaldi, entrò trionfante a Napoli, con soli ventotto reduci e due donne, Emma Ferretti e Antonietta De Pace.  Le fu affidata la direzione dell’ospedale del Gesù, ma l’impegno senza tregua la fece ammalare e, per ordine di Garibaldi, le fu concessa una pensione di venticinque ducati al mese, come parziale risarcimento per i danni e le sofferenze patite in nome e per conto della causa unitaria.

Nel  ’58 incontrò quello che sarebbe diventato il suo compagno di vita: Beniamino Marciano che sposò dopo molti anni, nel 1876.

Il 17  marzo 1861 il suo sogno veniva coronato con la nascita del Regno d’Italia, ma le sue energie non erano ancora esaurite. Rivendicava il diritto all’istruzione per tutti, soprattutto per le donne, che come lei non avevano avuto la fortuna di studiare.

Per questo motivo, negli anni successivi, ricostituì un Comitato di donne in lotta per Roma capitale, di cui facevano parte Aline Peret, Luisa Papa, Enrichetta Di Lorenzo e Teodora Muller. L’annessione di Roma al Regno d’Italia arrivò dopo 10 anni, durante i quali rivisse l’esperienza del carcere.

Dopo la breccia di Porta Pia ebbe modo di dedicarsi completamente alla promozione dell’istruzione femminile e, quando a Napoli fu eletto sindaco il progressista Paolo Emilio Imbriani, le affidò l’incarico di ispettrice scolastica mentre il marito fu nominato assessore alla Pubblica Istruzione. L’impegno politico divenne in seguito sempre meno intenso: sfiducia e disillusione l’assalirono davanti agli opportunismi della politica di Palazzo. Morì il 4 aprile 1893 a 76 anni.

Come ricordiamo Antonietta De Pace:

A lei sono dedicate strade (a Napoli una strada vicino piazza Mercato) ed istituti scolastici, oltre a varie manifestazioni commemorative soprattutto nel Salento .

Storia a fumetti realizzata dall’istituto de pace di Gallipoli.

Ha detto:

Ho il tormento di non aver portato a compimento l’opera mia perché è un soverchio di forza che mi richiede e il mio fisico, ma ancor più “il mio cuore”, non reggono più dopo tanto lottare e tanto soffrire. Mi consola il poco che ancora riesco a fare: il mio impegno per i miseri che ancora son di grande lunga più numerosi dei possidenti, e in special modo i miei sforzi acchè le donne abbiano un’istruzione. Solo attraverso la cultura possono isperare di riscattare la propria condizione sociale.

Portici, 4 aprile 1882


Riferimenti e approfondimenti

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