Nacque nel 1873, dall’unione tra il barone Giandomenico Romano, giurista e deputato del Parlamento italiano e Pierina Avezzana, figlia del leggendario generale garibaldino.
Visse i primi anni della sua vita a Castelnuovo; in seguito, dopo la morte del padre, sposò giovanissima il marchese calabrese Francesco Maria Pellicano, anch’egli deputato che seguì in Calabria, nella residenza di Gioiosa Jonica.
La vita calabrese ed il confronto con le donne del luogo, stimolarono in lei le prime considerazioni sulla condizione femminile del tempo. Risalgono, infatti, a quegli anni i primi scritti in cui narrava riti popolari e religiosi nella realtà calabrese, e le riflessioni sui rapporti di coppia tra uomo e donna, e le contraddizioni del rapporto tra tradizione e modernità dell’epoca.
Negli anni successive la coppia visse alternando la residenza tra Napoli e Roma, dove Clelia ebbe modo di frequentare i salotti dell’aristocrazia e del mondo culturale dell’epoca.
Alla morte del marito nel 1909, fu la marchesa a prendere in mano le sorti del patrimonio di famiglia e ad occuparsi dei sette figli nati dal matrimonio col marchese. Si rivelò particolarmente abile nella gestione dell’attività familiari che contemplavano attività agricole e la lavorazione industriale della seta.
La marchesa Pellicano, morì ancora giovane il 2 settembre 1923, senza vedere realizzati gli obiettivi di emancipazione e di riconoscimento dei diritti delle donne per i quali aveva lottato.
L’attività letteraria e l’impegno politico
Clelia Pellicano fu una vera attivista femminista che rivendicava l’evoluzione della condizione della donna, in tutti gli aspetti della vita sociale, culturale e politica.
Aderì al Movimento d’autonomia delle donne, sorto con numerosi comitati in Italia nel 1902 e in 21 paesi esteri, rappresentandolo anche in numerose occasioni, come nel Convegno Internazionale che si tenne a Londra nel 1909.
La conoscenza di diverse lingue le permise di partecipare a conferenze femministe internazionali e di condurre un’attività giornalistica come reporter all’estero, attività insolita per le donne di quel tempo.
Nella veste di giornalista, fu corrispondente della rivista mensile “Nuova Antologia” di Firenze, nella sede romana, per la quale scrisse un interessante indagine sulle donne calabresi (Donne e industrie nella Provincia di Reggio Calabria, Roma).
Seguirono raccolte e novelle come Coppie del 1900 e La vita in due del 1908, dove affrontava il tema della difficoltà matrimoniali, i problemi sentimentali, i rapporti con i figli, evidenziando le contraddizioni di un’epoca a cavallo tra i due secoli, in continuo con conflitto tra tradizione e modernità. Nel 1908 pubblicò Novelle Calabresi, La dote, Schiave, Colpo di Stato, Farsa di Rosetta, tutte incentrate sulla condizione femminile nella cornice della realtà calabrese dell’epoca.
Collaborò con le riviste “Flegrea” e “La Donna” per la quale scrisse tre reportage in qualità di socia delegata del CNDI (Consiglio Nazionale Donne Italiane) corrispondente da Londra, dove stava partecipando al Congresso Internazionale femminile.
Nel 1910, scrisse, con lo pseudonimo di Jane Grey (nome di una sfortunata regina inglese all’epoca di Enrico VIII) la prefazione del libro La legge e la donna di Carlo Gallini, opera che ambiva a sollecitare il parlamento italiano ad ammettere le donne al voto.
Nel 1912 curò una sottoscrizione nazionale e intervenne con un contributo personale per favorire il trasporto e la cura dei malati, come diritto fondamentale dei cittadini. Nel 1914 partecipò al congresso per rivendicare i diritti sociopolitici delle donne, a Roma, per richiedere una migliore retribuzione del lavoro femminile al pari degli uomini.
« Ricordatevi voi donne d’ogni razza, d’ogni paese – da quelli dove splende il sole di mezzanotte a quelli in cui brilla la Croce del Sud – qui convenute nella comune aspirazione alla libertà, all’uguaglianza, strette da un nodo di cui il voto è il simbolo, ricordatevi che il nostro compito non avrà termine se non quando tutte le donne del mondo civilizzato saranno sempre monde dalla taccia di incapacità, d’inferiorità di cui leggi e costumi l’hanno bollate finora! »
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Daniela Carpisassi, "Sulla soglia della modernità: C. Pellicano", in “Leggendaria”, Roma, n. 48, dic. 2004, pp. 26-28.
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Daniela Carpisassi, « Le contrepoint à l’œuvre : l’ironie du Vérisme italien », in "L’Ironie contemporaine. Les nouveaux cahiers franco-polonais", (a cura di Z. Mitosek), n.8, Univ. Sorbonne – Univ. di Varsavia, 2010, pp. 163-178
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Daniela Carpisassi, « Sur le bout de la langue qui fourche. L’ironie “féminine” et l’art du conflit dans “Schiave” de C.Pellicano », “Sens public” (rivista internazionale on line), marzo 2011 (http://www.sens-public.org/IMG/pdf/SensPublic_CREF_2_DanielaCarpisassi.pdf)
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Clelia Romano Pellicano, L'Italia che scrive, In «Nuova Antologia»,Torino, 20 ottobre 1909, voll.3, 1918; in «Historica», a. LVII, 2004, f.2 pp.184-187
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A. Santoro, Antologia di scrittrici italiane del I ventennio, 1997, p.275
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P. Guida, Scrittrici di Puglia. Percorsi storiografici femminili dal XVI al XX sec., 2008, p.491
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“Una donna d’eccezione: la parola a Clelia Romano Pellicano”, incontro e letture (a cura di Daniela Carpisassi per il Comune di Gioiosa Jonica; interventi: Daniela Carpisassi, Domenico Logozzo, Marilisa Morrone; letture a cura delle attrici e dell’attore: Lisa Carella, Manuela Cricelli e Francesco Migliaccio), 31 agosto 2010, Gioiosa Jonica (RC)